Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?
Questa apparente semplice richiesta implica modifiche importanti a Istituzioni e non solo. La riforma in oggetto è stata approvata tre volte alla Camera e altrettante al Senato, mentre ora tocca alla “sovranità popolare“. Le principali modifiche introdotte dalla riforma costituzionale sono fondamentalmente:
Riforma del bicameralismo;
Modifiche legislative pertinenti alla Camera dei Deputati;
Rappresentazione di Regioni e Comuni al Senato;
Cambiamento della procedura di elezione del Presidente della Repubblica;
L’eliminazione delle Province come Enti di riferimento;
La riduzione del numero dei Senatori;
L’abolizione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel)
Qualcuno dirà che c’è dell’altro ancora e non lo metto in dubbio, ma questi rappresentano senza dubbio i grandi “snodi” di questo referendum confermativo. Se vuoi che tutto questo cambi, voti “SI”, se vuoi che tutto rimanga uguale, voti “NO”!
Tutti siamo chiamati a esprimere il nostro “insindacabile” giudizio: è l’invito pressante fatto dai media in generale e dalla TV in particolare. Anche perché si tratta della più grande modifica della Costituzione Italiana da quando è entrata in vigore: la riforma prevede infatti la modifica di più di un terzo degli articoli della costituzione (47 su 135). Capiamo ora perché è importante?
La Corte di Cassazione ha approvato il quesito, ma una semplice lettura della scheda di votazione non basta a capire cosa ci viene chiesto, né ad orientare il voto. Vediamo allora di esaminare e approfondire i punti principali della riforma, come cambiano i ruoli di Camera e Senato, il potere legislativo del Governo e le competenze delle Regioni.
Punti essenziali della Riforma – Fine del bicameralismo perfetto. Oggi la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica svolgono le stesse funzioni: esprimono e possono togliere la fiducia ai governi e devono entrambi approvare ogni legge dello Stato. La necessità del doppio passaggio alla Camera e al Senato certamente rallenta il processo legislativo: oggi in media occorrono più di 560 giorni per approvare una legge e per incominciare a vederne gli effetti sulla vita dei cittadini, per questo motivo per ovviare a questa lentezza si è fatto un ricorso improprio ai decreti legge. L’attuale sistema italiano, quindi, complica e indebolisce l’azione di chi deve governare, perché le maggioranze nei due rami del Parlamento possono essere diverse, e questa è, a mio avviso, una grossa anomalia diffusamente condivisa anche dagli italiani. Non condivido poi che ancora oggi gli elettori da 18 a 25 anni non possono partecipare all’elezione dei senatori.
La riforma costituzionale prevede il passaggio a un sistema parlamentare basato sul “bicameralismo differenziato”: la Camera dei deputati diventa l’unica ad esercitare pienamente la funzione legislativa, di indirizzo politico e di controllo sul Governo, diventando quindi l’unica titolare del rapporto di fiducia con il Governo. I deputati rimangono anche i soli “Rappresentanti della Nazione”. Se passa quindi la Riforma avremo una sola Camera che fa le leggi e dà la Fiducia al Governo; una sola Camera esiste in molti Paesi, Francia e Germania compresi. Inoltre, la riforma andrà a modificare in maniera radicale l’equilibrio tra le due Camere, assegnando al Senato soltanto alcune precise funzioni.
Sara Bolzani, Avv. Civilista in Bologna, a tale proposito, tra l’altro, osserva: “Se da un lato è indubbio che l’attuale revisione della Costituzione necessiti di snellimento, per impedire che i disegni di legge e gli emendamenti, a cui Senato e Camera dei Deputati ci hanno abituati, dall’altro è evidente che nel fare ciò si determina uno squilibrio a vantaggio della Camera dei Deputati e, parzialmente, del Governo. Se questo squilibrio sia un bene o sia un male è una questione che non ha una risposta assoluta: l’esito dipende dalla capacità della classe politica di gestire positivamente la novità. Certo, la Costituzione non deve necessariamente essere intoccabile, ma adeguarsi, come qualunque altra legge, ai tempi che cambiano e alle esigenze che un popolo manifesta. È il caso di questa riforma?”
Ridimensionamento del Senato – Il passaggio da un attuale bicameralismo perfetto ad uno differenziato modifica anche i ruoli e il potere delle Camere del Parlamento, andando a toccare soprattutto la composizione e la funzione del Senato. Non più, dunque, due Camere con ruolo paritario: il Senato, che avrà il ruolo di Rappresentanza di Regioni e Comuni, sarà composto da 95 membri, eletti dai Consigli regionali che li sceglieranno tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei comuni nei rispettivi territori. Vi saranno poi 5 membri di nomina presidenziale, a cui andranno aggiunti gli ex presidenti della Repubblica. Vi saranno quindi 21 Senatori-sindaci. Gli altri 74 Senatori saranno eletti dai consigli regionali e dalle province autonome tra i propri componenti, con metodo proporzionale. Il Senato diventa così organo a rinnovo parziale: la durata in carica dei senatori eletti coincide con la durata dei consigli regionali che li hanno scelti. Eliminata anche la facoltà del Presidente della Repubblica di sciogliere il Senato. Viene eliminata la elezione diretta da parte dei cittadini italiani, sostituita da un’elezione di secondo grado.
È questa la parte della riforma più osteggiata e non condivisa dalla minoranza del partito democratico, e non solo. Gli elettori scelgono i consigli regionali, i quali a loro volta scelgono i Senatori. Questa nomina deve essere operata nel rispetto delle scelte che gli elettori hanno espresso in sede regionale e comunale, in ragione quindi dell’esito delle elezioni degli organi territoriali. Il Senato diventa così un’assemblea più snella, composta di soggetti che affiancano al loro ruolo di rappresentanti delle Istituzioni territoriali il compito di assicurare nel Senato un migliore coordinamento tra lo Stato e le istanze delle regioni e dei Comuni.
-Il Presidente della Repubblica potrà, come oggi, nominare 5 Senatori per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Questi Senatori, tuttavia, dureranno in carica 7 anni, non a vita come previsto dall’attuale Costituzione.
-Il Senato concorre alla funzione legislativa per quanto riguarda i rapporti tra Stato e gli altri
enti territoriali, oltre che sull’attuazione delle politiche dell’Unione europea, sulla tutela delle minoranze linguistiche, sulle leggi costituzionali ed elettorali.
-È abolito il riparto di competenze concorrenti: si avranno materie di esclusiva competenza dello Stato e altre di esclusiva competenza regionale.
-Ai senatori non spetta alcuna indennità per l’esercizio del mandato e le loro attività parlamentari.
-La riforma costituzionale lascia al Senato, come pure alla Camera, il potere di creare delle Commissioni d’inchiesta. Tuttavia, nel caso del Senato, questo potere è limitato a materie di pubblico interesse e che riguardino le autonomie territoriali, di cui il Senato è una sorta di “ambasciatore”.
-Il nuovo Senato delle autonomie farà da camera di compensazione tra Governo centrale e Poteri locali, quindi diminuiranno i casi di contenzioso tra Stato e Regioni.
-Per quanto riguarda le leggi ordinarie, il Senato potrà richiedere modifiche alla Camera dei deputati, ma la “Camera bassa” non sarà obbligata a tenerne conto. In tal modo viene meno la cosiddetta “navetta parlamentare”.
-I nuovi senatori godranno dell’immunità parlamentare come i deputati: occorrerà cioè l’autorizzazione del sanato per procedere all’arresto o al via libera per le intercettazioni.
Tonino Di Noia