Qualcosa di insondabile e di assolutamente autentico, che affonda tra i misteri più intimi dell’esistenza umana, e che chiamiamo poesia, si nutre da sempre di stupore, ingenuità, ricerca, fantasia, trascendenza e di molto altro ancora. Quasi una labirintica verità che si riscontra con trasparenza nella raccolta di liriche Garofani, folgorante debutto del maturo attore Antonio Petrocelli, 63 anni, lucano di Montalbano Jonico, trasferitosi da decenni in Toscana, a San Casciano Val Di Pesa. Volto noto del teatro, della televisione e del cinema, avendo lavorato con i grandi autori e registi italiani, Petrocelli si rivela poeta vero, ispirato e di assoluto talento, ma è anche uno stimato autore di due notevoli romanzi, Volantini (Caliceditori, 2001) e Il caratterista Basilisco del Cinema Scaturchio (Hacca, 2010), nei quali non è difficile rintracciare echi pungenti e anche autobiografici di un crogiolo interiore tra l’interprete (la vita) e il personaggio (il lavoro).
Garofani include poesie a lungo sedimentate e di grandi suggestioni letterarie, iconografiche e metaforiche, che rappresentano senza dubbio un motivo di enorme interesse critico (e socio-psico-antropologico, considerando la sua arte). Egli ha saputo evitare gli imbrigliamenti nelle generiche mode di scuole, genere e stili, per assecondare, invece, una personalissima e feconda produzione che si eleva nella più originale tradizione della poesia meridionalistica e lucana in particolare, come ha ben messo in evidenza Andrea Di Consoli, nella sua arguta ed elogiativa prefazione (“La religione del passato”).
L’intuizione di un mondo interiore ricco e complesso (“vi trovo sul sasso seduti col cuore tuffato nello specchio del niente”) e inappagato, finanche irrequieto (“in questo mondo cupo”) e sofferente (“d’un colpo il sogno si tramutò in pianto”), traspare in controluce nella impegnata robustezza di versi raffinati e nella evocazione nobilmente nostalgica di ciò che è finito, ma mai del tutto, e che rivive nell’avanzare a ritroso, tra ricordi, ruralità, amori che non consolano, i cari morti. L’autore indica un percorso valoriale, con una narrazione mitico-storica che coniuga felicemente tradizione, oralità e cultura poetica e letteraria purificata, mentre palesa finanche le sue (anti)moderne e costanti incursioni ermetiche e sperimentali.
Si può a ragione scrivere di un caso letterario fruttifero e destinato a restare nella memoria. La stessa che fortifica e rinverdisce tutte liriche di Garofani, anche quando assumono sembianze diverse, talvolta quelle della musicalità popolare. Linguisticamente meticolosi, i versi di Petrocelli ci riconciliano con il sapore e l’estasi della lettura, calamitandoci nella dimensione dolce e potente della creatività poetica, un territorio noto si, addirittura familiare, ma sconosciuto al contempo. E tuttavia, proprio per questo ci affascina e ci trascina vorticosamente dentro noi stessi. Nutrimento dell’anima.
Antonio Petrocelli, Garofani, prefazione di Andrea Di Consoli, Treditre editori, 2016, euro 10 (500 copie numerate).
Salvatore Verde