Affascina e suggestiona la densità testuale sviluppata quasi a tutta pagina da ogni singola poesia delle cinquanta contenute nel libro Il canto dell’anima di Angela Cuccarese, tursitana, nata in Campania ma trapiantata nel Lazio. E anche la lettura non può che procedere tra scatti e sussulti fino al termine, lasciando nel lettore il senso della meraviglia e della scoperta di un’anima inquieta, sensibile, fragile, eppure decisa ad affrancarsi dall’adultismo precoce e da certo fatalismo, essendo costantemente animata dalla riappropriazione e dal riscatto della propria esistenza e da uno smisurato desiderio di ripartire. Con immediatezza risalta e si impone non già la dilatazione dell’estasi dell’attimo ma la sintesi di un accumulo interiore che si fa vita e percorso poetico, sofferto e autentico.
La poesia come ricerca perenne e al contempo atto sublime del ritrovarsi. Non a caso la stessa produzione si colloca in un lunghissimo arco di tempo, compreso tra il 1981 e il 2015, poi lasciata stratificare, sedimentare e decantare, probabilmente per superare una sorta di pudore e timidezza. Dunque, un viaggio maturo dentro di sé che perdura orma da trentacinque anni, da quando la Cuccarese si è trasferita a Roma, dove vive e lavora, sovente alternando periodi in Africa, nel Kenia (“Terra adagiata e stanca”), almeno dal 1986.
Dopo la laurea in Giurisprudenza, l’autrice ha ottenuto un Master in Mediazione penale minorile e fatto altri studi di Criminologia e Criminalistica, con una seconda laurea in Diritto spagnolo in Spagna, dove è avvocato iscritto. Ma la sua separazione dalla storia sociale di Tursi (“Terra del silenzio”, a sottolineare anche il solido ancoraggio antropologico e biografico), dove è svanita la sua giovinezza, non ha assunto il carattere della definitività, alimentando invece un legame emotivo nudo e profondo, come un cordone ombelicale mai reciso, anche perché tuttora vivono qui alcuni familiari.
Sentimento binario di una rinascita che spicca nell’amichevole prefazione di Antonella Giacometti, dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata: “L’autrice cerca nelle parole il modo per descrivere i luoghi che rappresentano la ricerca di radici e la continuità di una realtà che spesso irrompe in un tempo passato dove il destino non riesce a conciliarsi con il futuro. La terra di Lucania, con la cittadina di Tursi che soverchia rigogliosa sulle sue crepe lunari… la terra d’Africa luccicante di sole…”. Il modernismo dei versi liberi, non esente da minime ingenuità, agevola la struttura con spontaneità e ricercatezza al contempo; l’immagine virata di copertina assume la valenza emblematica di una dichiarazione totalizzante e in divenire, manca ancora il sole ma si intravede la luce (una donna di spalle, che possiamo solo intuire giovane e bella, muove a piedi nudi i primi passi nel gigantesco mare della vita, come se fosse un nuovo inizio a quell’età); le foto a colori all’interno (alcune miniaturizzate, comunque oscillanti tra il passato e il presente) si integrano in modo coerente; insomma, il tutto offre un’apertura prospettica tra memoria e oblio sulla intensa e intimistica poetica dell’autrice, qui al debutto assoluto.
Le liriche, tutte con i titoli, palesano l’ancoraggio alla nobile tradizione della poesia come segno/sogno/bisogno d’amore, di dolorosa archiviazione dell’infelicità (“Come ti disprezzo, oh uomo”) e di non ricercata né respinta solitudine “cosmica”, che neppure la fede pare rassicurare (“Sono anima persa”). E se l’emergere di sé si irrobustisce, dopo un faticoso lavorio intellettuale e psicoanalitico, tutt’altro che concluso, perché il passato non si cancella, tanto più se fattosi memoria indelebile, è solo per affermare sempre la ritrovata pienezza della vita, di madre e donna interiormente matura e tenera, bella e generosa, libera di volare. E di voler continuare a essere.
Una poesia analitica, edificante e di riscatto, diremmo, degnamente racchiusa nell’indicazione finale dell’autrice: “Una piccola parte del ricavato della vendita sarà devoluta in beneficenza per aiutare un orfanotrofio a Malindi in Kenia. Un’altra parte sarà utilizzata, come faccio ormai da molti anni, per sostenere alcune famiglie che vivono in assoluta povertà nelle zone interne vicino a Marafa e a Mambrui. A una di queste sono particolarmente legata. L’unico componente di questa numerosa famiglia, che lavorando provvedeva ai bisogni familiari, era Patrick. Circa sei anni fa, è morto di meningite, in età molto giovane, lasciando la famiglia senza alcun sostegno economico. Si era preso cura della mia casa, di me e della mia famiglia, per tantissimi anni”.
Angela Cuccarese, Il canto dell’anima, Aracneditrice, Canterano (RM), prefazione di Antonella Giacometti, 2016, pp. 91, euro 10.***
Salvatore Verde