COLOBRARO – Michele Crispino, amabilmente noto anche come “il professore”, uno dei grandi della storia contemporanea di Colobraro, è morto all’età di 96 anni, a Vicenza, dove viveva con la famiglia. La sua dipartita è passata nel silenzio più totale, nessuno sembra essersene accorto, non nel paese natale e neanche nel mondo della cultura ufficiale della regione. Una distrazione dovuta alla lontananza e, probabilmente, al piglio rivendicato del “dilettantismo” che lo ha spinto a spaziare su più versanti nei suoi approfondimenti. Eppure ha lasciato segni importanti della sua longeva avventura umana, come docente di lungo corso, saggista prolifico, storico documentato, articolista fecondo, critico acuto, romanziere creativo.
Un’intensa, fruttifera e stimabile attività intellettuale che ha prodotto parecchie pubblicazioni di livello, per lo più di cose lucane, e diversi inediti, alcuni ancora da scoprire e riordinare. Alto e magro, persona di sicuro carattere e di cultura vasta e raffinata, il prof. Crispino è stato un uomo dai modi cortesi, disponibile al confronto e consapevole del valore pedagogico della cultura come riscatto, ma era anche generoso e dotato di (auto)ironia. Inoltre, caratteristica primaria, fu innamorato fino all’ultimo delle proprie radici, che amava rinverdire con i tanti ritorni nei luoghi della memoria, inevitabilmente diradatisi nel recente passato.
Lui amava dire: “Colobraro è per me il paese più bello del mondo, nonostante quella stupida diceria di alcuni che lo qualificano come il paese del malocchio. Io personalmente non me ne sono mai accorto e probabilmente neppure chi lo riconosce per tale”. Dopo una infanzia serena nella famiglia e con i nonni, soprattutto con quello materno, molto presto il giovane si allontanò per frequentare gli studi medi, superiori e universitari, in diverse località. Fu prima in un collegio di padri spagnoli, dal luglio 1933 al 1936, poi per riprendere gli studi ginnasiali, conclusi nel convitto lucano di Maratea (PZ), e per conseguire la maturità classica, nel Liceo Pareggiato della Badia di Cava dei Tirreni (SA), in questo sforzo aiutato finanziariamente da uno zio emigrato per lungo tempo negli USA e dai sacrifici dei suoi familiari. Nel mese di dicembre del 1946, si laureò in Lettere Classiche all’Università di Napoli, subito dopo ci fu una breve parentesi militare e poi due anni di attesa, prima dell’insegnamento, iniziato nell’ottobre del 1948, sempre nelle scuole statali di Vicenza, dapprima nella Scuola Media “Scamozzi”, quindi nel Liceo Classico “Antonio Pigafetta”, infine nel Liceo Scientifico “Quadri”.
Dopo 40 anni di servizio, fu collocato in quiescenza e, da allora, intensificò la produzione editoriale, cominciata nel 1982, allorquando compose “l’operetta” La stagione dei ritorni, nella quale ha descritto la condizione degli emigrati lucani al Nord.
Nel corso del tempo seguiranno:
Colobraro Un paese, una storia, una cultura (pagg. 248, 1° Edizione Banca di Credito Cooperativo di Colobraro e Valsinni, 1984; pagg. 237, 2° Ed. La Serenissima, Vicenza, 1998);
Glossario Minimo;
Storie di confino in Lucania (pagg. 159, Editore Osanna, Venosa, PZ, 1990), testo premiato;
Canti dialettali colobraresi (pagg.70, Ed. Pro Loco, 1995);
Antologia di poeti lucani (pagg. 174, Editrice vicentina, Vicenza, 1988);
Canti e Controcanti (pagg. 238, Ed. La Serenissima, Vicenza, 1996), opera moralistica;
Lino Zecchetto Storia di un partigiano (Vicenza, 1995);
Una Laura a mezza costa (pagg. 159, Edizioni Esca – Vicenza, 1994), romanzo di ambientazione colobrarese;
Dove fioriscono le ginestre, altro romanzo ambientato nel paese natìo;
Il giorno fu pieno di lampi idee, riflessioni giudizi a ruota libera… (pagg. 170, Ed. La Serenissima, Vicenza, 2002);
Tra gli scritti inediti, ricordiamo almeno Vita di Andrea Picolla dell’Oratorio di san Filippo Neri di Tursi (da me consultato) e Viaggio in Germania (1677) del vicentino Luigi Benetelli.
Per un periodo ha collaborato assiduamente con il prestigioso “Bollettino Provinciale di Matera”, con il quotidiano “Giornale di Vicenza” e quello della Basilicata, scrivendo articoli vari e di varia cultura locale.
Con la naturale modestia dei grandi, nel tentare di fare un bilancio del proprio nobile mestiere, “arte dello scrivere” lo avrebbe ritenuto eccessivo, alcuni anni addietro scrisse: “Nella mia lunga attività non rimpiango il tempo perso a inseguire le muse della storia e della poesia. Certo, questo è vero, mi sono esercitato in vari campi dove l’estro, la fantasia e gli studi compiuti mi portavano, non sempre riuscendo alla meglio o come avrei voluto. Se dovessi tornare indietro, molte cose non rifarei più, altre sì, ma soltanto dopo aver esercitato un lavoro di lima (limae labor come diceva Orazio, l’illustre compaesano lucano). Comunque, che Dio non mi riservi la mala sorte che è toccata a qualche altro Crispino, poeta e filosofo dell’antica Roma, oggetto di satira dei critici del tempo”. Avrebbe meritato maggiore attenzione, adeguata considerazione e forse pure la cittadinanza onoraria, ma una volta (29 agosto 2007), sorridendo, forse si tolse un sassolino: “Nessuno è profeta in patria, è banale, ma è così dalla notte dei tempi. Quindi, perché chiedere ai contemporanei di cambiare, se questo è motivo della loro pur magra contentezza?”.
Nato il 30 luglio 1921, Michele Crispino è deceduto a Vicenza il 21 settembre 2017, si, lo scorso anno. Ma ritengo debba esistere un tempo per tutte le cose, anche per riparare a una colpevole dimenticanza, personale e collettiva, che nulla toglie all’immutato affetto e alla stima di sempre. Oltre che professore, direi un Maestro.
Salvatore Verde