Con l’invito a contemplare la “bellezza della natura”, si apre il percorso ecclesiale “In ascolto del Creato” di Tursi-Lagonegro, promosso dal Consiglio Pastorale diocesano e dalla Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali. Un “pellegrinaggio nel bosco” è il gesto iniziale del percorso che vuole anzitutto aiutare a conoscere e approfondire l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, a cinque anni dalla pubblicazione. Inizialmente previsto a Bosco Magnano di San Severino Lucano, per motivi precauzionali l’itinerario si snoderà invece in località Lago Sirino di Nemoli, punteggiato da soste di ascolto/meditazione, con lettura di brani della enciclica di Papa Francesco e proclamazione di salmi e canti. Seguiranno un tempo di contemplazione/riflessione individuale, il pensiero del Vescovo Vincenzo Orofino e la proclamazione corale del Cantico delle creature. Ci sarà il pranzo a sacco e poi momenti di fraternità ed eventuali mini escursioni per chi lo desidererà. È necessario dotarsi di abbigliamento adeguato (si consigliano scarpe da trekking oppure scarpette da ginnastica comode, pantaloni, k-way, cappellino) e, nel rispetto delle norme di contenimento del Covid-19, portare con sé mascherina e igienizzante per le mani.
Giovanni Lo Pinto
Sostare, voce del verbo amare
Nel capitolo VI della Laudato si’, tutto dedicato alla spiritualità ecologica, papa Francesco ci dice che un elemento decisivo è sviluppare atteggiamento contemplativo, come quello che San Francesco testimonia nel Cantico delle Creature. Significa saper cogliere la presenza di Dio in tutte le cose, saperne ammirare la bellezza per custodirla e promuoverla, avvertire il senso di fratellanza con tutto il creato. Il Cantico ci insegna a fermarci sulle cose, a dare aggettivi a ogni elemento del creato, a riscoprirsi fratelli della creazione perché figli dello stesso Padre. Questa contemplazione non avviene in contesti eremitici o in un attivismo ambientalista svuotato della relazione con i poveri, ma con un gesto di preghiera, di autentica umiltà e di rallentamento. Il pellegrinaggio nel bosco, gesto iniziale del percorso diocesano “In ascolto del creato”, ha proprio lo scopo di farci rallentare per “vedere” il nostro territorio, contemplarne la bellezza, riconoscerne il valore e promuoverne la custodia.
Non si può vedere davvero senza posare lo sguardo con calma e questo richiede fermarsi un momento, sostare. Quanto è presente in noi questo atteggiamento, resistendo alla tentazione di una vita travolta dal fare? Nella quotidianità abbiamo fatto nostro il modello della fretta: correre per le mille cose da fare, tutte urgenti. Per il problema del cambiamento climatico è vero: dobbiamo fare in fretta, perché la nostra Casa comune letteralmente brucia per il surriscaldamento. Se diventa frenesia, però, rischia di chiuderci nel “cosa” e di staccarci dal “perché”, dimenticando è proprio il perché a dar senso al cosa. Senza la conversione del cuore ogni gesto concreto resta solo un fare affannato. Da qui l’importanza di saper sostare per entrare contatto con noi stessi, di saper rallentare per non fermare lo sguardo solo in superficie, per entrare in comunione profonda con i fratelli e con la natura tutta, che condivide con gli esseri umani la creazione divina e la redenzione in Cristo.
Sostare è più che fermarsi. È azzerare il rumore intorno e dentro di sé, è far tacere le tante voci per ascoltare la voce della natura, che “è piena di parole d’amore” (LS 225), e la voce dei fratelli impoveriti dalla nostra avidità, messi ai margini della società, diventati scarti, per usare la pregnante espressione della Evangelii gaudium. Sostare, graficamente scomposto (so-stare), rimanda alla capacità di stare con tutto se stesso dentro a questa realtà, in questo momento; alla capacità e volontà di “abitare” il proprio territorio non da turista, di starci e non solo esserci. In questo senso sostare è declinazione di amare. Dunque un pellegrinaggio di sosta, di contemplazione che diventa stupore per le meraviglie del creato e slancio grato del cuore per Chi ce le ha donate. Dalla contemplazione può scaturire il desiderio di capire fino in fondo che cosa Papa Francesco ci chiede quando parla di “conversione ecologica globale” e dal desiderio l’impegno a una conversione anzitutto personale, ma anche comunitaria, espressione dell’appartenenza ad una famiglia in cui il Padre è altissimo, onnipotente e buono, e in cui tutti gli elementi che la costituiscono (la combinazione di aria, acqua, fuoco e terra) sono riconosciuti fratello e sorella.
“La conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una conversione comunitaria” (LS 219) e questo gesto iniziale che ci vede riuniti come Diocesi può essere l’anello di congiunzione dei due piani. Senza i tanti, piccoli gesti individuali che magari nessuno vede, ma che sono altrettanti contributi alla salvaguardia della bellezza del creato, nulla cambia; ma senza incidere sul livello istituzionale, delle scelte politiche e amministrative, non si aggrediscono le cause strutturali del degrado che ferisce e sfregia la bellezza del creato e la dignità di tanti singoli uomini e donne e di intere categorie e comunità. Non si possono scindere i due piani, perché “tutto è connesso” e, come abbiamo imparato dalla Evangelii gaudium, il tutto è superiore alla parte.
Anna Maria Bianchi, Presidente CDAL