“Gli Aranceti di Tursi”: proposta di candidatura Patrimonio Rurale Storico”, è il convegno di studi quanto mai opportuno sulla produzione delle arance, la massima ricchezza plurisecolare del territorio tursitano. Appuntamento nella sala convegni “Benedetto XVI”, adiacente alla cattedrale dell’Annunziata, alle ore 19 di giovedì 9 maggio. Interverranno: Maria Assunta D’Oronzio (Rete Rurale Nazionale) e Angela Cuccarese (Azienda Agricola Cuccarese), con Vincenzo Popia e Maria Musmanno, della nuova associazione locale “Oikonómos” (Cell. 345/7959845 – info@oikonomosaps.it) che ha organizzato l’evento, i due sono rispettivamente responsabili dei Rapporti con le istituzioni e della Tutela del patrimonio e ambiente. Con loro il presidente Donato Fusco, che al termine dell’incontro indicherà i primi membri del comitato che si adopereranno per la ufficializzazione della proposta.
L’associazione culturale “Oikonómos” ha tra i suoi obiettivi “lo studio di interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio” e vuole avviare il lavoro per lo studio, la fattibilità e la candidatura per l’inserimento di aree territoriali di agrumeti di Tursi nel prestigioso Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici del Ministero delle Politiche Agricole. Rispetto ad altre istituzioni internazionali rivolte alla tutela del paesaggio, quali l’UnescoWHL, ed anche i Giahs della FAO, il registro nazionale del paesaggio rurale storico si caratterizza perchè mette al centro i paesaggi creati dalle attività agricole, forestali e pastorali nel corso della storia.
Si tratta quindi di paesaggi che “sono presenti in un determinato territorio da lungo tempo, anche molti secoli, e che risultano stabilizzati, o evolvono molto lentamente con la presenza di ordinamenti colturali caratterizzati da lunga persistenza storica e forti legami con i sistemi sociali ed economici locali che li hanno prodotti”.
“Il Mipaaf, con il decreto n. 17070 del 12 novembre 2012, ha istituito l’Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale, introducendo così per la prima volta nella storia dell’Amministrazione la tematica del Paesaggio Rurale all’interno delle proprie competenze. Contestualmente è stato istituito il «Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici, delle Pratiche Agricole e delle Conoscenze Tradizionali» e sono state definite le modalità per la sua gestione ed i criteri di selezione delle candidature da iscrivere allo stesso Registro. L’obiettivo strategico è quello di contribuire alla competitività dell’agricoltura italiana, al miglioramento della qualità ambientale e della qualità della vita nelle aree rurali, individuando nel paesaggio un valore aggiunto non riproducibile dalla concorrenza del nostro sistema Paese”. s.v.
TURSI E LE ARANCE
La Città di Tursi deve la sua consolidata notorietà, essenzialmente, a quattro elementi della sua storia ultra millenaria, qui elencati in ordine cronologico: per il borgo arabo-saraceno della Rabatana (850-930 d.C. circa), perché è sede di diocesi (di Anglona, almeno dal X secolo d.C.), per l’antichissima produzione delle arance e per aver dato i natali al grande Albino Pierro (1916-1995), poeta candidato dal Nobel. E se del Vate Tursitano è stata stampata l’opera omnia e a lui è dedicato un appuntamento annuale, organizzato dalla Fondazione Centro Studi e dal Parco Letterario intitolatigli, per la Rabatana è recente l’iniziativa da parte del Comune di proporre la candidatura all’Unesco, come Patrimonio dell’umanità. Altrettanto prestigiose le vicende storiche della diocesi, poi di Anglona Tursi e, dagli anni Settanta del Novecento, di Tursi-Lagonegro.
Non da ultimo, ci si occupa della produzione agrumicola, ancorché importata dagli arabi, e si ritiene che fosse la specie denominata “biondo comune”, in seguito ragionevolmente protetta nell’epoca delle Crociate e poi dai Doria di Genova, in funzione preventiva e curativa dello scorbuto, la rischiosa malattia dei naviganti. Le arance tursitane, qualitativamente eccellenti, sono state da sempre al centro di commerci floridi nello scenario regionale e poi nazionale, quindi fonte di economia primaria nel Comune, almeno fino agli anni 1970-80. Inoltre, è stata accertata una mutazione genetica spontanea nel XVIII secolo, mentre nel secolo scorso trovava il suo declino il favoloso megarancio “Staccio”, oggetto di attenzione e recupero colturale solo negli ultimi decenni.
La prima tesi di laurea in Agronomia centrata sulle arance di Tursi, risale già agli inizi degli anni Sessanta del XX secolo, da parte del tursitano Prospero Ferrara, poi docente all’Istituto tecnico agrario di Latina. Ultimi studi e ricerche accreditano la fioritura dei primi giardini (Jardin’) con alberi di arance, nelle corti dei palazzi nobiliari della Rabatana e nella vallata dell’Agri, dopo la località Pantoni di Sole, risalendo il fiume. Che poi sia stata la zona del Sinni ad assumere tale definitiva denominazione, ad espandere la coltura e a quasi monopolizzare nel sito tale la produzione, è un dato di fatto evidente e macroscopico, ma sul perché e come sia accaduto lo spostamento si possono avanzare solo ipotesi probabilistiche. Per dovere, ricordo che non tutti gli academici concordano sulla importazione araba delle arance a Tursi, unico sito certo allora individuato in tutta la Basilicata, anche se gli stessi studiosi non discutono invece il realismo degli eventi legati all’arrivo delle arance in Calabria e prima ancora in Sicilia, pur sempre dopo l’VIII sec. d.C. Tuttavia, quasi tutti loro ritengono che gli arabi non abbiano portato arance, bensì agrumi!
Salvatore Verde