È morto venerdì 13 febbraio Nicola Simeone, avrebbe compiuto tra pochissimo 89 anni, essendo nato il 25 febbraio 1926. Con discrezione e l’abituale umiltà, ci ha lasciato probabilmente l’ultimo rappresentante della stirpe ormai estinta dei rabatanesi residenti, anche perché mai ha voluto allontanarsi dell’antico borgo dove ha sempre vissuto. Lui, intelligente e pronto, coriaceo e sorridente, e l’inseparabile asino, perché ne ha sempre avuto uno, a lungo andare erano diventati un riconosciuto elemento del paesaggio tursitano, che adesso resterà nell’immaginario della comunità che lo ha quasi coccolato. Tuti i giorni delle settimane, dei mesi e degli anni, soprattutto da quando era andato in pensione, “compare Nicola” ha sempre fatto la camminata con il suo docile “ciucciarello” per le vie del paese, andata e ritorno dall’alta Rabatana alla bassa e centrale via Roma, nel nuovo centro abitato. Per lui era una modalità del buon vivere, passeggiare in compagnia, salutare gli amici e compaesani, farsi una chiacchierata e mostrare con orgoglio quanto gli riuscisse facile fare sacrifici per un animale ormai raro, anzi “unico” nella città di Pierro. A ventuno anni era già posato con Rosina Pangano. Dal matrimonio, celebrato il 24 aprile 1947, sono nati cinque figli: Vincenzo, del 1948; Agnese, 1950; Mario, 1955; Giovanni, 1963; Silvano, 68. Solo dal dicembre 2013, essendo lui ormai progressivamente in precarie condizioni di salute, l’accudimento del ciuco era diventato problematico, a tal punto che i figli erano stati costretti a liberarsene, sia pure con tristezza. Dopo una vita trascorsa in campagna come operaio forestale, non c‘è stato turista o semplice forestiero che abbia visitato l’antico borgo e non lo abbia sentito, per un consiglio, un dettaglio, una semplice informazione, ma si piccava pure di fare da cicerone, conoscendo del rione anche i più reconditi segreti. Era il “nostro quasi ministro del turismo del quartiere Rabatana”, ricorda sorridendo con mestizia e affetto Paolo Popia, titolare del Palazzo dei Poeti, l’importante struttura turistica nel primo quartiere di Tursi. Quello di Nicola, al rapporto umano e con il suo asinello, era una disponibilità rara. Come compagno di lavoro e di vita, ne ha sempre avuto uno. Amava spostarsi con il quadrupede, prestandogli cure incessanti. Si deve soltanto lui se le ultime generazioni hanno potuto vedere e capire cos’era il passato tursitano, anche nel rapporto promiscuo con gli animali domestici, nei tempi andati spessissimo necessario e insostituibile. Con divertita autoironia si prestò a essere se stesso nel film “Modo armonico semplice – L’asilo di un Maestro” (2007), quando si adoperò con i piccoli alunni della scuola dell’Infanzia “C. Ayr”, perché facessero “il giro nei cestoni, certo in modo equilibrato e sicuro”, perché, ci disse “lo facevamo anche noi da bambini”. E forse l’asinello, con il suo carico di evocativi simbolismi, era per lui anche un modo per eternizzare con felicità la sua (e la nostra) cara e povera infanzia, che rinverdisce proprio con l’avanzare dell’età. Ce ne ricorderemo a lungo, affettuosamente.
Salvatore Verde