Agli inizi del XX secolo, il contesto socio-economico e culturale della Basilicata era uno dei più bassi d’Italia[1], e tale rimase anche e soprattutto subito dopo la Grande Guerra del 1915-18. La maggior parte della popolazione era occupata in agricoltura e nella pastorizia e un numero ristretto di abitanti era dedito alle attività del terziario, mentre l’industria aveva carattere artigianale e casalingo, con una povertà diffusa, come l’analfabetismo. Nel 1911, in Basilicata c’erano sette diocesi: l’archidiocesi di Acerenza e Matera, la diocesi di Anglona e Tursi, quella di Melfi e Rapolla, di Potenza e Marsico, di Muro Lucano, di Tricarico, di Venosa; quelle di Acerenza e di Anglona e Tursi (allora con l’inclusione di alcuni centri dell’alta Calabria) sono ritenute da sempre le più antiche, anzi, alla diocesi calabro-lucana la tradizione assegna una origine e fondazione apostolica e il vescovado tra i primi del Cristianesimo. Il trasferimento della diocesi da Anglona a Tursi, allora la più grande della Lucania, per vastità di territorio e per il numero di parrocchie e dei centri abitati[2] (in provincia di Potenza 27 comuni e tre frazioni, nove comuni e una frazione in provincia di Cosenza), avvenne con la prima bolla di papa Paolo III, dell’8 agosto 1545, riconoscendo la sede nella chiesa di S. Michele Arcangelo, ma con una seconda bolla del 26 marzo 1546, lo stesso papa assegnò definitivamente la sede alla chiesa di Maria SS.ma Annunziata, che da allora divenne cattedrale diocesana. La guerra presentava alla coscienza cristiana problemi di ordine teologico-morale, poiché riproponeva i temi della sua legittimità e la Santa Sede si impose un atteggiamento di stretta neutralità, meglio di rigorosa imparzialità di fronte ai belligeranti. Tuttavia, gli studiosi raggruppano convenzionalmente i vescovi delle 310 diocesi italiane di allora in tre categorie: i vescovi nazionalisti, quelli patriottici e moderati e i neutralisti, e così fu anche in Basilicata (tra i vescovi patriottici[3] si annoveravano mons. Anselmo Pecci, benedettino, arcivescovo di Acerenza e Matera, e mons. Alberto Costa, emiliano, vescovo di Melfi e Rapolla).
Dopo la promozione di mons. Carmelo Pujia ad arcivescovo di santa Severina (KR), in Calabria, nel dicembre del 1905, per un paio di anni la vetusta diocesi Anglonensis et Tursiensis fu sede vacante, cioè senza il suo vescovo, fino all’arrivo di mons. Ildelfonso Vincenzo Pisani (1908-1911). Nato in Calabria e morto in Liguria (Catanzaro, 2 gennaio 1846 – Coronata di Genova, 21 o 27 maggio 1924). “Entrato giovanissimo nella congregazione dei Canonici Regolari Lateranensi (C.R.L.), fu poi parroco attivo e zelante nel santuario di Coronata presso Cornigliano Ligure. Nominato da papa Pio X ed eletto il 10 febbraio 1908, poi consacrato in Roma dal Card. Francesco Paolo Cassetta, fece il suo ingresso in Tursi il successivo 2 agosto 1908. “Dopo circa due anni di episcopato rinunziò alla diocesi, pare per contrasti con il clero locale e i notabili del luogo[4], e si ritirò nel Santuario di Coronata. Morto santamente (a 78 anni)” (Don Vincenzo Mazzei). Dalla rinuncia del 1911, avvenuta comunque prima della Quaresima, fu Amministratore apostolico della diocesi, fino al 3 gennaio 1912, quando fu nominato vescovo titolare di Tebe, del Patriarcato di Alessandria d’Egitto.
Il successore nella diocesi Anglona e Tursi fu Giovanni Pulvirenti (vescovo 1911-1922). Nato e morto in Sicilia (Aci Sant’Antonio, Catania, 23 novembre 1871 – Aci Sant’Antonio, 11 settembre 1933). Primo di cinque fratelli (con tre sorelle), dopo la scuola Elementare del paese natale, nel novembre del 1882 Giovannino entrò nel Seminario di Acireale, dove restò fino alla licenza liceale, conseguita con lode nel R. Liceo della città, anticipò il servizio militare, arruolandosi per l’anno di volontariato. Studiò poi letteratura e scienze sacre nel Seminario Pontificio Romano, conseguendo brillantemente la laurea in Lettere, in Teologia ed in Diritto Canonico e Civile. Il 19 agosto 1894, nella chiesa acese di S. Benedetto, l’agrigentino mons. Gerlando Maria Genuardi, primo vescovo (21 giugno 1872, 29 luglio 1872 – 4 giugno o luglio 1907 deceduto) della neo costituita diocesi di Acireale, gli conferì il Sacerdozio e gli affidò poi, progressivamente, l’insegnamento delle Sacre Scritture, di Teologia dommatica, di Diritto canonico, di Ebraico e Greco biblico, nel Seminario diocesano di Acireale che lo stesso presule aveva fondato nel 1881, oltre alla nomina di canonico della locale Cattedrale. Don Giovanni Pulvirenti fu poi Vice Rettore del Seminario (Rettore mons. Michelangelo Schiaccianoce) e, poco dopo, segretario del vescovo successore, mons. Giambattista Arista Vigo (1907-1920). Il 27 novembre 1911, papa Pio X nominò vescovo della Diocesi di Anglona e Tursi il quarantenne sacerdote che guardava ai grandi modelli di vita sacerdotale: Carlo Borromeo, Filippo Neri, Don Bosco. “Non appena la Sacra Congregazione Concistoriale gli comunicò la sua designazione, il neo eletto inviò una umile lunga fervida supplica al Santo Padre per manifestargli i timori, le trepidazioni, le angustie, l’incapacità, lo scoraggiamento…, affinché posasse il suo sguardo sopra di altri ben più degno”[5]. La risposta arrivò “presto categorica e decisiva, benevolmente incoraggiandolo”. Mons. Pulvirenti fu consacrato il successivo 17 dicembre 1911 nella Cattedrale di Acireale, con il vescovo G.B. Arista e coconsacranti Emilio Ferrais, vescovo ausiliare di Catania, e Angelo Paino, vescovo di Lipari (1909-1921), in precedenza anch’egli a Tursi quale Rettore del Seminario diocesano (fu poi traslato alla sede arcivescovile di Messina, dove morì).
Dopo aver inviato il 12 marzo 1912[6] la sua Prima Lettera pastorale al Clero e al Popolo della diocesi di Anglona e Tursi, mons. Pulvirenti fu intronizzato il 17 marzo del 1912 in Tursi, accolto da una “folla immensa” (sacerdoti, nobili, operai, fanciulle, bambini) e dal sindaco avv. Michele Favale, da mons. Achille Grimaldi, già reggente apostolico della diocesi, dal canonico G. D’Alessandro, cappellano del borgo, e dall’avv. Michele Padula, “che apprestò le proprie carrozze per il viaggio a Tursi”. Il dettagliato programma e l’articolato cerimoniale si protrassero nei giorni successivi, tra l’altro, “il 23 marzo si recò in pellegrinaggio al santuario della Madonna, ad Anglona, costruito nel secolo XII; poi andò in Rabatana, frazione di Tursi, al ritorno visitò nella propria sede la Società del Mutuo Soccorso e successivamente la Cassa Rurale di depositi e prestiti dell’Icona (società cooperativa in nome collettivo sorta con atto legale del 4 novembre 1901, con soli 18 soci), per opera dell’infaticabile prevosto don Salvatore Tarsia, suo animatore…, inoltre, fornì in dono ottimi libri ai sacerdoti, esortandoli allo studio, all’amore per le anime e allo spirito di disinteresse[7]”.
Nel suo stemma episcopale le parole evocative del motto Fortiter et suaviter (Fortezza e soavità), dispiegano una ispirata e profetica azione pastorale “per la gran mole di lavoro che gli offriva la diocesi, che era povera e da due anni circa priva di regolare governo, inoltre, da più tempo il Seminario diocesano era chiuso, il clero era scarso e non del tutto concorde e nel popolo, tranne lodevoli eccezioni, v’era molta ignoranza religiosa e molto languore nella fede. Gli spostamenti erano difficoltosi, tanto da restituire il senso dei paesi lucani abbandonati, e poi il cumulo di errori e di pregiudizi diffusi dalla massoneria, dal Protestantesimo e dal socialismo e altre situazioni moralmente insostenibili, come l’attaccamento e la conservazione di privilegi, mentre nella quotidianità la vita privata delle persone era segnata almeno da tre mali endemici del tempo (nell’ordine) alcolismo, tubercolosi e sifilide”, scrive nella tesi Don Vincenzo Mazzei.
Con il primo numero del 26 maggio 1912, iniziò la pubblicazione del bollettino Il Monitore Diocesano di Anglona e Tursi, organo ufficiale per gli atti del vescovado, periodico mensile (superando l’esperienza dello storico bollettino La Stella di Anglona, testata pur valorosa esistente pare già dal 1850), sulla scia del Monitore Ecclesiastico, rivista nazionale del clero. Dal mese di aprile 1913, il Monitore Diocesano di Anglona e Tursi aggiunse il sottotitolo “Organo Ufficiale per gli atti del Vescovo e della Direzione Diocesana, periodico mensile”; nel 1916 Il Monitore Diocesano divenne lo strumento editoriale ufficiale dell’appena costituita Giunta Diocesana (non più della Direzione), che rappresenta “la Giunta Direttiva della Azione Cattolica Italiana”.
Mons. Pulvirenti riconfermò subito don Francesco Rossi, arciprete di Fardella (poi di Rocca Imperiale, CS, dalla fine del 2014) quale incaricato diocesano per l’Unione Popolare Cattolica, organizzazione principale per gli adulti, quasi sconosciuta a Tursi, con lo statuto poi riformato e approvato da papa Pio X (e da papa Benedetto XV nel 1916). Dal 25 al 28 di giugno del 1912, a Potenza, Il Vescovo partecipò al Primo Convegno Cattolico Basilicatese e indisse il Primo Convegno Diocesano dell’Azione Cattolica, svoltosi l’8 ottobre dello stesso anno a Chiaromonte (abituale sede estiva del Vescovo), affidandone la direzione al prof. Pasquinelli di Firenze; nominò segretario del Vescovo il canonico Giuseppe Consoli (di Carbone?), che fu Vicario Generale dal 2016.
Con ampia partecipazione popolare di soci, furono aperti i circoli giovanili cattolici (Libertas, Religione e Patria, Vita Nova, Fides, Rinascita, Dio Patria e famiglia, Fede e Cultura, Onestà e Lavoro e parecchi altri), alcune con sezioni di Filodrammatica (sviluppavano anche corsi di recite drammatiche e rappresentazioni teatrali, solitamente commedie e farse, ed esibizioni di canto), i gruppi parrocchiali, gli oratori festivi sia maschili che femminili, in quasi tutti i comuni della diocesi (erano ben 19 già alla fine del 1012). A Montegiordano e a Tursi i circoli usufruirono anche di una scuola serale, poi a Noepoli (che era all’avanguardia del movimento operaio), a San Chirico Raparo, Terranova di Pollino (arciprete Antonio Spaltro). A Senise si aprì l’asilo infantile., a Roccanova (era sacerdote Don Pasquale Arbia). Furono anni di attivissimo e di ricostruzione anche morale a ogni livello, con la Pia unione delle Figlie di Maria, delle Spose e Madri cristiane, i Circoli giovanili di San Luigi o Luigini, la Congrega di S. Francesco di Paola, i circoli operai, le cooperative di lavoro e di consumo, le casse rurali, le unioni agricole, le varie assicurazioni nazionali.
Il vescovo “scrisse di suo pugno un Regolamento di vita[8], che è un vero modello del genere per le norme sapienti, e su questa base istituisce la “Pia unione delle Piccole Ancelle del sacro Cuore”. Nel 2014, delle 310 diocesi d’Italia, la diocesi di Anglona e Tursi figurava all’80° posto con 198 soci dell’Unione popolare. Nella sede di Tursi, nel mese di novembre 1913, diretta dal maestro di Cappella sac. Gaetano Pugliesi Gioeni, siciliano, fu costituita la “Schola Cantorum” della Cattedrale, che mons. Pulvirenti fece restaurare assieme alla chiesa di San Filippo Neri, oltre ad arredare l’episcopio e interessarsi “dei restauri e di altre modificazioni nell’ex Cattedrale di Anglona del sec. XIII”; ma “la grande maggioranza delle chiese tursitane aveva bisogno di essere rifatte e restaurate o perlomeno decorate; ed alcune non meritavano neppure il titolo di chiese: erano vani irregolari, squallidi, insufficienti ai bisogni religiosi del popolo”. In verità furono non poche le chiese restaurate, ristrutturate e restituite al culto, basti citare la Chiesa parrocchiale di Senise (PZ), riaperta il 10 maggio 1914, dopo 22 anni di (non) lavori e mettendoci molto del suo; e poi le chiese parrocchiali di Rotondella, Noepoli, Colobraro, Cersosimo ed altre ancora che rinacquero dalle fondamenta, come quella di S. Giorgio Lucano (MT) nella quale mons. Pulvirenti spese del proprio circa settantamila lire, e quella di Roseto Capo Spulico (rimasta incompiuta per il trasferimento a Cefalù del monsignore).
Il reggente della diocesi di Anglona e Tursi, mons. Achille Grimaldi, presidente del Segretari(at)o diocesano per l’Emigrazione, divenuto in seguito “una branca della Direzione Diocesana, in particolare dell’Unione popolare”, andò a dirigere il Seminario di Capua, nel maggio 1913, come disposto dalla Sede Apostolica. Successore del Segretariato diocesano Pro Emigranti fu il teologo don Antonio del Vecchio, presidente, affiancato dai membri: il Rev. Arc. Francesco Rossi; can. Giuseppe Consoli; Dott. can. Nicola Fasoli (decreto del vescovo, 30 agosto 1913).
Il Consiglio Direttivo della Direzione Diocesana era formato, con incarico biennale rinnovabile, da quattro effettivi e otto coadiutori (cioè gli incaricati diocesani per le quattro sezioni in cui era divisa l’Azione Cattolica ed i rispettivi due coadiutori). Erano effettivi: i canonici don Nicola Fasoli di Tursi (anche Delegato diocesano per l’unione giovanile) e don Giuseppe Consoli (dal 3 luglio 1915 Delegato diocesano dell’Opera Nazionale per la buona stampa); gli arcipreti don Antonio Lavitola, nel 1915 a Noepoli (Direttore diocesano dei Cooperatori Salesiani nel settembre 1916) e don Antonio Maria De Sarlo di san Chirico Raparo (incaricato diocesano per il movimento femminile l’Unione delle Donne Cattoliche), questi apprezzato autore del volume Martirio e Glorificazione di santa Sinforosa Modello di Sposa e di Madre, ottimamente recensito dal cardinale Casimiro Gennari (1839-1914), di Maratea: presidente di tale Direzione Diocesana era il teologo e can. Antonio Del Vecchio, che, prima di Natale del 2014, comunicò “che il cinematografo servirà gratis in occasione di conferenze istruttive e per il divertimento dei circoli giovanili, operai e delle riunioni delle Spose e Madri Cristiane”, quasi una conferma della importanza immediata riconosciuta dalla Chiesa tursitana al cinema.
La successiva Giunta Diocesana, costituita il 24 giugno del 1916, in occasione dell’onomastico di mons Pulvirenti”, era così composta: avv. Domenico De Pirro, Presidente; arc. Antonio M. De Sarlo, Vice-Presidente; prevosto dott. Salvatore Tarsia, segretario; arc. Francesco Rossi, cassiere; Mons. Dott. Giuseppe Consoli, assistente ecclesiastico; membri: arc. Antonio Lavitola, arc. Dott. Nicola Fasoli, can. Giovanni Latrecchina, arc. Antonio Spaltro, arc. Vincenzo Arena, arc. Davide Meo, arc. Gaetano Vitale, can. Antonio Gallo, sac. Vincenzo Pangaro, sac. Giuliano Scardaccione, sac. Giuseppe Berardi.
1l 17 dicembre 1914, mons. Pulvirenti emanò in lingua latina, il decreto di apertura della prima visita pastorale e in pari data inviò la Lettera in lingua italiana al Clero e al Popolo della diocesi, affermando tra l’altro che “fra i molteplici doveri del Vescovo, il più grave è senza dubbio, la visita pastorale”. Nel primo numero, del 26 maggio 1912, mandò una Lettera circolare sullo Stato d’anime ai Molto Reverendi Parroci ed Economi Curati della Diocesi, soggiungendo che “il Parroco non deve conoscere solamente il suo gregge ma deve altresì farsi conoscere da esso”. Altra Lettera al Clero ed al Laicato della diocesi circa lo statuto della Direzione diocesana per l’Azione Cattolica è riportata dal Monitore Diocesano, 1912, anno I, n° 7, pag. 67. L’anno dopo (il 3 novembre1913), scrive la Lettera ai Parroci e Economi Curati della diocesi circa la cura spirituale dei moribondi e degli infermi, “nella quale constata come in tante parrocchie i fedeli muoiano senza la dovuta assistenza religiosa”. Seguiranno numerose altre Lettere. Ne citiamo alcune: quella del 30 maggio 2015, una Lettera circolare nell’occasione dell’entrata in guerra dell’Italia (24 maggio); del 21 maggio 1916, Lettera circa la solenne consacrazione delle famiglie al Divin Cuore di Gesù (Il monitore Diocesano, Acireale anno V, maggio 1916, n. 5, pag. 66); del 24 giugno 1916, la lunga Lettera del Vescovo al Clero e al laicato della diocesi intorno alla costituzione della “giunta diocesana” (Il Monitore Diocesano, Acireale, anno V, giugno 1916, n. 6, pagg. 81-90).
Mons. Pulvirenti era legatissimo alle sue radici, stampò il periodico sempre in una tipografia di Acireale e nel seminario della cittadina mandò diversi chierici per la loro formazione sacerdotale, inoltre, chiamò alcuni importanti collaboratori (lo scultore del legno nei nuovi arredi dell’episcopio) e predicatori (il Dottor Don Carmelo Musumeci e il prof. Don Giuseppe Pavone, direttore della Banca Operaia Cattolica, entrambi di Acireale; Don Sebastiano Milito, di Ferla, SR; i catanesi Don Salvatore Patanè, di Fiumefreddo di Sicilia, e Don Giuseppe Pennisi, di Puntalazzo di Mascali).
Nel corso dell’undicesimo anno di permanenza a Tursi, il 19 agosto 1922 papa Pio XI trasferì mons. Pulvirenti alla diocesi di Cefalù che ha retto per altri undici anni. Nel 1923, nuovo vescovo della diocesi di Anglona e Tursi fu mons. Ludovico Cattaneo, lombardo di Saronno. Le condizioni di salute di mons. Pulvirenti si aggravarono negli ultimi due anni, colpito da un male inesorabile, con finali complicazioni di emorragia interna e paresi del lato destro intervenute nelle settimane precedenti il fatale aggravamento dell’edema polmonare. Era il 9 settembre 1933, due giorni prima del decesso, aveva 61 anni.
Il 10 agosto 1922, nella sua Prima Lettera ai Cefaludesi[9], mons. Pulvirenti tracciò la storia del suo episcopato in Tursi. Da tutta la sua esperienza “si ricava il carattere preminentemente pastorale del Vescovo e si nota l’ansia spirituale che lo animava, al fine di portare il messaggio di salvezza a tutti indistintamente. Ma la sua figura non la si può staccare dalla luminosa cornice di una singolarissima umiltà, di una eccezionale bontà e carità, di una instancabile operosità… Egli fece il vescovo, nel significato proprio e completo della parola, ossia del mandato, unicamente nell’adempimento dei suoi doveri episcopali, non fuorviando mai, non trascurando mai, non esorbitando mai. Egli non fece il diplomatico, né l’uomo politico. Tursi lo ammirò per queste sue doti, chiamandolo il pastore buono”. Dotato di inesauribile zelo apostolico, grande viaggiatore e pellegrino in tutta la diocesi, fu presule colto e pragmatico, promotore e organizzatore lungimirante di innumerevoli iniziative sociali, educative e formative, anche patriottiche, oltre che uomo di grande pietà.
Salvatore Verde ©
[1] Don Vincenzo Mazzei, La diocesi di Anglona e Tursi dal 1911 al 1916, Tesi di laurea in Pedagogia, Università degli studi di Salerno – Facoltà di Magistero, Anno accademico 1977-78, pp. 335.
[2] Centri abitati in provincia di Potenza: Tursi, Colobraro, Nova Siri, Policoro, Rotondella, S. Giorgio Lucano, Valsinni, Calvera, Canna, Carbone, Castelsaraceno, Castronuovo Sant’Andrea, Cersosimo, Chiaromonte, Episcopia, Fardella, Francavilla sul Sinni, Noepoli, Rocca Nova, S. Costantino Albanese, S. Chirico Raparo, S. Martino d’Agri, S. Paolo Albanese, S. Severino Lucano (e frazione di Mozzana), S. Arcangelo, Senise, Spinoso, Teana, Terranova di Pollino; in provincia di Cosenza: Alessandria del Carretto, Amendolara, Canna, Montegiordano, Nocara, Oriolo Calabro, Rocca Imperiale, Roseto Capo Spulico.
[3]Don V. Mazzei, La diocesi di Anglona e Tursi dal 1911 al 1916, cit
[4] Don V. Mazzei, La diocesi di Anglona e Tursi dal 1911 al 1916, cit.
[5]Mons. G. Pulvirenti, Prima lettera pastorale al clero ed al popolo della diocesi di Anglona e Tursi, Acireale, 1912.
[6] Mons. G. Pulvirenti, Prima lettera pastorale al clero ed al popolo della diocesi di Anglona e Tursi, cit.
[7]Don V. Mazzei, La diocesi di Anglona e Tursi dal 1911 al 1916, cit.
[8] Mons. G. Pulvirenti, Regole della Pia unione delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore, Tipografia Galatea Sardella, Acireale, 1921, pp. 34.
[9] AA.VV., In memoria di S.E. Rev.ma Mons Giovanni Pulvirenti vescovo di Cefalù, Tipografia Consorzio Nazionale, Roma 1936-XIV pp. 266.
- Testo aggiornato il 17 aprile, alle ore 10.