In morte di Salvatore Giampietro (1924-2016), caro grande amico

Cronaca
Salvatore Giampietro (foto s.v.)
Salvatore Giampietro (foto s.v.)

Salvatore Giampietro, 92 anni compiuti il 22 gennaio, è deceduto nella mattinata di sabato (18 giugno 2016). Era probabilmente l’ultimo dei grandi “vecchi” della sua generazione. Il funerale, si è svolto domenica alle ore 17 nella cattedrale diocesana dell’Annunziata, celebrante don Battista Di Santo. Che ha ricordato, nell’omelia, alcuni “aspetti inediti dell’uomo che ha fatto un lavoro che lo ha messo a contatto praticamente con tutti i compaesani”, invitando i fedeli e gli amici “a saper guardare oltre l’apparenza, quando ha dato da mangiare anche a chi non poteva pagare”. Tra i familiari dello scomparso, il fratello Tonino Giampietro con la famiglia  e i nipoti di Policoro.

Salvatore ha avuto un unico grande amore: l’amatissima moglie Graziella, all’anagrafe Grazia Magli (nata a Craco, MT, il 23 dicembre 1929 ), sposata il primo maggio del 1965, che lo ha lasciato vedovo prematuramente, il 29 dicembre 1983, quando lei aveva 54 anni e lui 59, dunque oltre un trentennio addietro, e senza figli. E, non soltanto di questo, ne parlava con sereno distacco, ma tutta la famiglia dei fratelli e dei nipoti era per lui di basilare sicurezza, anche se aveva una naturale riservatezza a riferire di loro in pubblico, quindi non sono stati mai oggetto di qualche approfondimento. Mugnaio noto nel centro storico di Tursi (il suo mulino è tuttora un gioiello museale), sopra il Vallone, nel quale tutti o quasi sono passati per la trasformazione del grano e altro, è stato lavoratore accorto e instancabile per l’intera vita attiva. Di fede nazional-popolare, raccontava che l’unico torto politicamente lo aveva subito proprio dai suoi camerati, per una incomprensione. “Il popolo non è femmina, è baldracca”, ripeteva. Ma questo non contribuì minimamente a fargli cambiare idea, rimanendo sempre fedele ideologicamente ai suoi principi. Ritengo che fosse più un anarchico di destra.

Giampietro è stato sereno e lucido  fino all’ultimo, pur con qualche acciacco fisico  importante (in gioventù ha subito anche un intervento chirurgico allo stomaco), e negli ultimi tempi soffriva di disturbi respiratori, ma sempre affrontati con grande forza d’animo e, tra il rassegnato e lo speranzoso, con il sorriso. Che non mancava mai nelle conversazioni con lui: “Tra amici è sempre meglio una chiacchierata, con i nemici è preferibile il silenzio”. Animatore e “presidente” autorevole, per un ventennio, del ritrovo per anziani e altri amici, al lato della cattedrale, era un amabile interlocutore di conversazioni mai banali, anche quando si ricorreva agli innumerevoli aneddoti, talvolta grotteschi fino all’inverosimile ed invece autentici, di persone, protagonisti e personaggi locali. Dell’amato paese soleva dire: “A Tursi ci si conosce tutti, ma non siamo più una comunità, ognuno pascola dove vuole”.

Di lui è doveroso ricordare adesso un aspetto in particolare, il suo forte carattere, che a volte poteva apparire addirittura spigoloso, in realtà bonario, generoso e affettuoso, sotto la crosta del duro. Come pochissimi, ancora oggi, era in grado di raccontare senza infingimenti o strategie consolatorie una “controstoria” del Novecento della comunità tursitana, in gran parte ancora da scrivere. Non amava i giri di parole o le cautele ipocrite. Persona intelligentissima e diretta, acuta e arguta, è stato un profondo conoscitore dell’animo umano e dei tursitani in particolare, dei quali ne evidenziava sempre in modo brillante pregi e difetti (“rari i primi e abbondanti i secondi, ma solo quando e se stanno insieme, non isolatamente”, soleva dire).

Puntuale, preciso, ordinato, in grado di stigmatizzare con battute folgoranti i tratti salienti del passante di turno, come del politico e del religioso dei tempi andati anche lontani. “Non ho conosciuto santi qui, tranne quelli che a volte capita di bestemmiare, quelli si che stanno in paradiso”. Un uomo vero e di primaria grandezza nella varia umanità locale che forse non lo ha mai compreso pienamente; certo non ha capito la ricchezza e la complessità di un concittadino che era in grado senza inibizioni e pur tra contraddizioni di dire “vita e miracoli, vizi e virtù” di ciascuno. “La verità è sempre sotto gli occhi di tutti, esattamente a un palmo dal naso, dunque troppo in superficie per crederci”.

Tursi era tutto il suo mondo e l’amicizia era tra i cardini delle sue radicate convinzioni. Oggi diremmo un fine psicologo delle folle che si sono avvicendate nel corso dei lustri. Non aveva timore reverenziale, era amante del buon vivere e con lo sguardo penetrante. Mangiava poco, ma era di fibra eccezionale, minuto e magro fisicamente, invece grandissimo nella capacità di pensare, anche senza aver fatto studi elevati. Una perdita davvero enorme per la storia locale, in questo gli è avvicinabile Nicola Manfredi, altro personaggio fuori dell’ordinario.

Salvatore  Giampietro è stato uno dei pochi anziani del paese che ha nutrito per me un bene sincero, ricambiato, e si vedeva dal piacere reciproco quando ci si incontrava. Si, glielo riconosco volentieri, l’ho rispettato e stimato, pur conservando le nostre idee diverse. Lo conoscevo da bambino ma ci siamo frequentati tardi e a lungo, quasi a rimediare il tempo perduto, praticamente tutte le sere dalla seconda metà degli anni Novanta al 2014 (dunque, migliaia di serate), quando il club” degli anziani è stato chiuso suo malgrado e lui si è ritirato nella sua storica abitazione di  via Roma, per le condizioni di salute, non più ottimali. Poi poche visite e la promessa di rivederci ancora, ma tra rinvii e altre priorità non è accaduto, perché così è la vita, e me ne dolgo intimamente.

Mi lascia un patrimonio sterminato di appunti, notizie, dati, informazioni, ricordi, curiosità, rivelazioni, che cerco di ordinare. C’è tristezza, come sempre quando ci lascia un tursitano che ho conosciuto, ma provo un dolore intenso e mi sento più solo per la perdita dell’amicizia grande che ci legava. Anche perché da lui ho imparato tantissimo, a volte ben oltre le sue intenzioni, a conferma che non c’entra il titolo di studi. Mi mancherà, lo so, e  per questo lo terrò sempre con me, come un tesoro, tra i ricordi più personali e grandi della mia vita, che è stata migliore anche grazie a persone come lui.

Salvatore Verde

Massime, aforismi, aneddoti, paradossi, insomma, la filosofia di Salvatore Giampietro

  • Il tursitano non riconosce i meriti ma soltanto le disgrazie.
  • Chi vive e a Tursi pensa di essere al centro del mondo, ma non è neppure alla periferia.
  • Domina qui l’invidia e i tursitani godono solo nel dire di qualcuno “il poveretto”.
  • Guai a sposare una donna brutta, le sere d’inverno sono più lunghe in casa, da soli.
  • Più dell’intelligente fa fortuna l’ignorante, perché di questi tutti possono dire “io sono migliore”.
  • Chiunque si scappella sempre di fronte al potere, mai di fronte ai grandi.
  • Più che adattarsi ai giovani, gli anziani dovrebbero adottarli.
  • A Tursi ti consentono tutto, infedeltà compresa, fino a quando non devono mettere mano alla tasca.
  • Ho conosciuto donne che, colte in fragrante, hanno rimproverato al marito di aver avuto le allucinazioni, e uomini che si vantavano di aver avuto donne, ma soltanto con l’immaginazione.
  • Il tursitano non è miope e neppure presbite, vede benissimo quando non deve e viceversa.
  • Parla male la gente cattiva, quella buona è muta.
  • Noi pecchiamo sotto il cielo, i preti dietro l’altare.
  • Chi ruba poco è un fesso, chi ruba tanto è un politico, perciò la gente lo vota, vorrebbe fare come lui.
  • Puoi camuffarti come vuoi, ma il Dna è quello e prima o poi ti tradirà.
  • Quando si vuole distruggere qualcuno innocente, basta diffamarlo.
  • Molti tursitani si vendono per un piatto di biada.
  • Agli amici si perdona tutto, ma non il coraggio della verità.
  • Chi è votato al male non merita pietà, per rispetto alla sua vocazione.
  • Se il popolo è fatto di stupidi, analfabeti, mediocri e indifferenti, tante volte avrei voluto dimettermi.
  • Prim’ancora che una ideologia, il fascismo è uno stato d’animo.
  • Tutti nasciamo fascisti, poi peggioriamo in qualunquisti.
  • Non ho mai creduto che i comunisti mangiassero i bambini, se li pappava tutti Stalin.
  • L’onestà è impopolare e chi paga le tasse è un cretino, la serietà non è più richiesta e chi fa il proprio dovere è rimproverato, questa è l’Italia di oggi, e non si salverà, a meno di miracoli, ai quali io credo.
  • Le donne che non si concedono e le altre che si concedono a tanti, sono la rovina degli uomini.
  • Non si danno confetti ai porci.
  • La pulce nella farina non riconosce nulla, neppure la vergogna.
  • Sfottere è meglio che comandare.
  • La gente anziana ha paura dell’aldilà; quando invecchia è religiosa al massimo, anche se il credo è minimo.
  • Non ci dissociamo soltanto ai funerali.
  • Si muore davvero solo quando si spegne anche l’ultima persona che ci conserva nei ricordi.

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