“Ora è diverso”, il libro di Marilena Cifarelli, con i suoi teneri ricordi di bambina, dallo sradicamento dai Sassi di Matera all’approdo a Serra Venerdì

Libri
Marilena Cifarelli

Libro breve recensione lunga e viceversa, solitamente. E non intendo contraddire tale regola. Vale certo per “Ora è diverso” di Marilena Cifarelli, materana, laureata in Filosofia e già docente di Lettere nella Scuola Media “G. Pascoli” di Matera. Il testo ha quasi il piglio di un documentario demo-etno-antropologico, nella tradizione di Ernesto De Martino o di Luigi Di Gianni, ma anche del taccuino di un viaggio a tappe o di un diario di formazione, fresco, vivo, lineare e semplice, incluse talune minime imperfezioni anche editoriali. Privo di obblighi macrosociologici, i personaggi reali sono rappresentativi di un’umanità vera, dolente ma affrancata dalla cattiveria,  un po’ po’ come accadeva nell’arte cinematografica dell’amato Francois Truffaut. Ne scaturisce una forza immaginifica spontanea, immediata e delicata che rimanda anche all’iconografia visiva e letteraria di Carlo Levi e Rocco Scotellaro. Stampato alla fine del 2006 e ristampato nel 2010, soltanto nei primi giorni di quest’anno ho avuto la fortuna di leggere questa tenera testimonianza.

“Racconto autobiografico, ambientato a Matera, tra gli anni ‘50 e gli anni ’60… La situazione di degrado igienico, ambientale ed umano, di promiscuità con gli animali, era talmente insopportabile, che già nel 1954 lo stesso De Gasperi firmò la prima legge speciale per lo sfollamento dei Sassi… Ma in quella impossibile situazione civile e sociale forte era il sentimento di solidarietà. Oggi, nonostante tutto, è forte in lei il senso di nostalgia”, così delinea, circoscrive e incornicia nella sintetica ma densa prefazione Roberto Cifarelli,  fratello dell’autrice, attuale consigliere regionale e autorevole esponente del PD di Basilicata.

Marilena aveva sei anni nel 1956, quando la famiglia lasciò il “monolocale più accessori” nei Sassi (“le case erano pertugi scavati nel tufo, senza aria, senza luce”), dove erano venuti al mondo lei, sua sorella Nietta, il  fratello Tonino e le sorelle gemelle Paola e Rosanna (nell’ospedale cittadino sono poi nati Elvira, Ciccio, Emanuele e Roberto). La famiglia di Maria Carmine Petralla (n. 1928) e di Giuseppe Cifarelli (1921-1984), composta da cinque femmine e quattro maschi, dunque, andò ad abitare a Serra Venerdì, uno dei nuovi borghi e rioni, come Agna, La Martella, La Nera, Picciano, Spine Bianche, Venusio, costruiti per ospitare gli sfollati, “due terzi degli abitanti della città, circa 15.000 persone”, puntualizza il prefatore, per rimarcare ciò che si può definire un esodo.

Con sintesi efficace, la professoressa  rievoca le gioie e le sofferenze della sua vita di bambina fino all’adolescenza, mai disgiunte dalle durature emozioni legate ai ricordi incancellabili  e alla particolare concretezza degli eventi allegri e tristi, rivissuti con matura consapevolezza. Sono parecchie le tappe preziose: i parti materni e il nuovo approdo abitativo; la colazione della vicina di casa con i figli cagionevoli; il giovane fattore, scartato per la Grande Guerra ma abile nei campi; la prima volta con le mani nell’impasto di casa; la ragazza madre sedotta dal giovanotto italoamericano; l’operazione di appendicite; la visone del film western e l’anniversario della morte del padre, per malattia; l’unica esperienza lontana dalla famiglia, nella colonia estiva di Barletta, ma anche la prima volta al mare, a dieci anni; la tragedia sfiorata al mare e la morte della sorella Rosanna e del fratello Tonino; il lavoro di sartoria del padre, nella piccola bottega con la madre apprendista; Anna, la maestra Elementare, buona, riservata, minuta e cattolica, poi da grande in un letto d’ospedale; la pediculosi ed Elisa, la compagna di classe; l’uso del dialetto; Graziella, l’amica d’infanzia, e l’innocente bugia per un cono zuccherato; i riflessi delle grandi feste religiosa e, in particolare, della Madonna della Bruna; il ballo mancato al matrimonio di una comare; la signora Televisione. Il tutto con l’incursione di una soggettiva “bizzarra”: il cucchiaio che si racconta, che avrebbe fatto la gioia di qualche autore di cinema sperimentale.

Il libro dell’autrice è un atto d’amore e un omaggio alla numerosa famiglia, già dalla dedica e in ogni pagina. Ma è anche un inno alla memoria, in grado di cogliere l’essenza piena della vita stessa, restituita con struggimento sia dagli eventi narrati, piccoli e pur sempre giganteschi agli occhi di una ragazzina, sia dal senso maturo della microstoria, veicolati dalla riflessione delle citazioni, in alto e in apertura di ogni capitolo. E gli amati autori dell’eclettico puzzle citazionistico, dall’antichità classica alla modernità (assieme alla frase di un film ordinario e all’indimenticato Jim Morrison), indicano con chiarezza un percorso culturale, filosofico, letterario e poetico, oltre a rivelare una sua ideale biblioteca internazionale (due gli italiani, U. Eco e M. Luzi), per meglio comprendere la formazione, l’indole, il cammino e l’anima della Cifarelli, stimata docente oggi in pensione. All’interno, appena tre le foto in bianco e nero (i genitori e lei bambina con il padre e poi con la maestra Elementare), in aggiunta a quella della copertina, che è sbiadita come lo sono talvolta i ricordi, ma del tutto coerente con il periodo di riferimento.

La lettura è sempre agevole e il nutrimento intellettuale che ne deriva pare oscillare in perfetto equilibrio tra sentimento e ragione. Un testo capace di liberare una feconda e nostalgica immaginazione, scritto con padronanza e impreziosito dal dono della chiarezza anche concettuale. Quella della prof.ssa Cifarelli è una testimonianza profondamente autentica che coinvolge ed emoziona, perciò da preservare per gli “allievi” che verranno, come un piccolo gioiello da custodire nella nicchia del tempo. E da leggere con il sorriso complice e affettuoso che si deve sempre a chi ha saputo acutamente osservare la propria realtà per meglio stimolare se stessa e noi a crescere migliori. La conoscenza del passato ha questo di buono, ci rende più sicuri e più liberi. Comprensibile e prorompente il sentimento della nostalgia, il senso di verità e, perché no, la poesia del quotidiano.

Marilena Cifarelli, Ora è diverso, prefazione Roberto Cifarelli, 2006, ristampa Arteprint Matera, 2010, pp. 79.

Salvatore Verde

Copertina del libro di Marilena Cifarelli

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