Il cavaliere Francesco D’Errico, 91 anni compiuti lo scorso settembre, è un intelligente, amabile e saggio Sotto Tenente dei carabinieri in pensione dal 1989. Con fermezza e fierezza, maturità e bonarietà, ma anche con coraggio e non senza sacrifici, egli ha prestato servizio ad Adrano (CT) e ha poi comandato per 21 anni, da Brigadiere a Maresciallo, la Stazione carabinieri di Borgo Carillia di Altavilla Silentina, in provincia di Salerno. Attualmente è presidente onorario dell’Associazione nazionale carabinieri proprio di Altavilla Silentina, da lui fondata e presieduta per un decennio. Una esistenza trascorsa con elevata dedizione nella Benemerita, alla quale ha dedicato tutta la vita e che gli ha restituito tutto, in termini di rispetto, considerazione, stima. Tra i tanti riconoscimenti, segnalo le onorificenze: Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana; Medaglia d’oro per lungo comando; Croce d’oro per i 40 e 25 anni di servizio; Medaglia d’oro Mauriziana per i dieci lustri di servizio; Medaglia di Bronzo per l’assistenza ed ordine pubblico nelle zone terremotate del Salernitano del 1980/81 e per aver comandato tre mesi la stazione dei CC di Colliano colpita dal sisma.
Dunque, una carriera assai dignitosa di un generoso servitore dello Stato, di umili origini ma di straordinarie vedute e di inesauribili curiosità, oltre che esperto come pochi della complessità dell’animo umano. E tutto questo non basta comunque a definire le davvero tante qualità e il valore di una persona perbene, di un galantuomo in divisa e senza, poiché ha saputo da solo elevarsi al rango di personaggio di indubbio spessore, essendo dotato di grande sensibilità come umanista e autore di versi. Nel corso del tempo ha pubblicato Il breve racconto della mia lunga vita, Esperienze di Vita, Avventure d’amore, pur essendo sostanzialmente autodidatta, come confermano subito taluni dettagli delle sue diverse opere; ma proprio tali particolari, talvolta ingenui, anziché limitarne il confine intellettuale, ne potenziano il senso dei progressivi risvolti culturali, proiettandolo in una dimensione riservata a pochissimi nella storia di Tursi, suo glorioso paese natale, in provincia di Matera, nella parte bassa della Basilicata.
L’ultima fatica storico-letteraria, dal titolo Reggia di Persano, perla della Piana del Sele, è arrivata appena prima di questa pandemia e rappresenta fin nei minimi dettagli un autentico atto d’amore verso un luogo precisato, dentro un territorio che ha segnato per sempre la sua crescita professionale e ancor più l’interiorità, essendo una seconda patria, come usa dire in tali casi autentici. Un centinaio di pagine e una settantina di fotografie, la gran parte in bianco e nero, dopo la consultazione di diverse pubblicazioni, sintetizzano una ricerca viva e appassionata sul campo, tra cronistoria militare e scandaglio di ricordi diretti, con diverse testimonianze e tanti aneddoti raccolti tra gli anziani e i giovani, oltre a una moltitudine di nomi, non soltanto come destinatari dei ringraziamenti. Non a caso, credo, il libro si avvale di tre dense prefazioni, diremmo complementari. La prima del colonnello Diego Giarrizzo, Comandante del 4° Reggimento Carri, che lo definisce “uno dei grandi testimoni proprio del Comprensorio degli ultimi 50 anni”; quella dello storico locale persanese Antonino Gallotta, per il quale “meticoloso e dedito è il lungo percorso del lavoro svolto a Persano, con riferimenti specifici alla funzione militare… (mentre) traspare tra le righe il compiacimento per aver avuto un ruolo importante e per tanti anni”; non ultima la terza, della docente di Lettere e storica dell’arte Nadia Parlante, che evidenzia come l’autore “se pur lontano dalla sua Tursi, ha subito capito che un’altra terra gli offriva riparo, ristoro e quel senso di appartenenza anelato, sempre nel rispetto dell’umanità, delle istituzioni e dell’Arma… Ha dunque contribuito a far luce sulle vicende storiche e militari di Persano in età contemporanea, colmando in tale modo, un tassello fondamentale che ancora mancava nella comprensione di un luogo tanto affascinante e amato”.
“A mio modesto avviso, Persano rappresenta davvero la perla della piana del Sele ed il fiore all’occhiello del meridione d’Italia. Pagine di storia, di mondanità, di attività venatoria, di svago e di lotte civili e politiche per la difesa dei diritti umani si sono sempre incentrati su tale luogo, oggi importante sede militare del Ministero della Difesa”, dice D’Errico, sempre ammaliato, forse oggi più di ieri, e da profondo conoscitore della zona. Compreso tra i territori dei comuni di Eboli, Campagna e Altavilla Silentina, il secolare feudo di Persano, nella vasta foresta ricchissima di selvaggina, citata già da Virgilio nelle Georgiche, si colloca(va) nel ducato di Serre e si estende tra i due fiumi Sele e Calore Lucano. Realizzata dall’ingegnere militare Giovanni Domenico Piana, con il successivo apporto del grande architetto e pittore Luigi Vanvitelli (autore della celeberrima Reggia di Caserta), la Real Casina di Caccia di Persano, è un enorme edificio di due piani costruito nel 1752, sui resti di un antico villaggio medievale, su ordine di Carlo di Borbone, che ne acquisì la proprietà nel 1758. Il sovrano di Napoli con la sua corte ci trascorreva il periodo invernale, anche per dedicarsi alla caccia al cinghiale.
Ma la dimora storica di magnifico valore architettonico, non lontano dal sito archeologico di Paestum, ospitò diverse personalità europee del Settecento/Ottocento, regnanti, politici, artisti, tra i quali Goethe, lo zar delle Russie, Metternich e il pittore Jacob-Philipp Hackert. Da ricordare, inoltre, la famosissima battaglia di Persano, che vide i legionari del generale Crasso Marco Licinio sbaragliare i ribelli di Spartacus, poi sterminati da Gino Pompeo Magno, che si attribuì il merito della vittoria. Il feudo passò nel XV secolo ai Sanseverino, Principi di Salerno. Proprio nella tenuta, già dal 1742, il re pianificò il miglioramento della locale razza equina, fino a ottenere la prestigiosa “Real Razza di Persano”, cavalli da sella con particolari attitudine alla caccia, ottenuta con incroci e selezioni di varie razzie italiane ed estere. La reggia è stata poi occupata dai francesi e in seguito passata ai Savoia, ma anche luogo di scontro durante la Seconda Guerra Mondiale e successivamente di rivendicazioni delle terre da parte dei comitati agricoli, mentre vi è rimasta la solida presenza e la duratura tradizione della dislocazione delle forze armate italiane, con la prosecuzione del successo zootecnico (nel 1951, il Centro Raccolta Quadrupedi di Persano).
Insomma, quello dell’autore è un appassionato saggio storico-civile e anche di sociologia rurale e militare, con il racconto finanche di dettagliate vicissitudini dal secondo dopoguerra in poi, inclusi gli usi e costumi dei persanesi, con le testimonianze di Maria Grazia Desiderio, insegnante Elementare, di Alessandra Gallotta, docente di Educazione fisica, della prof. Anna Morcaldi, di Raffaele Sguazzo, detto Lello, maresciallo dell’Esercito in pensione. Un testo che merita una approfondita lettura, per condividere un viaggio nella memoria riattualizzata, con l’emozionante e lunghissima sequenza finale in appendice di nomi, incarichi e gerarchie. L’indubbio fascino e le ricche suggestioni che arrivano al lettore, ritengo che scaturiscano con naturalezza dal dono raro che Francesco D’Errico ha saputo cristallizzare in se stesso, ovvero la nobiltà d’animo, lo stupore dello sguardo e il senso etico del lascito alla posterità.
Salvatore Verde
Francesco D’Errico, Reggia di Persano, perla della Piana del Sele, Edizioni “Il Saggio”, Eboli (SA), 2020, pp. 142, Euro 15.