I PARERI CONTRARI ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE
La Riforma è incostituzionale. I parlamentari del centro-destra (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, soprattutto) sostengono che questa riforma è anticostituzionale, perché il Governo è “illegittimo” in quanto Matteo Renzi non è stato votato dagli italiani, ma è subentrato in un momento in cui c’era un “vuoto di potere” L’affermazione è, a mio avviso, pretestuosa, fuorviante e strumentale, perché essendo subentrato un altro Presidente del Consiglio, nulla può impedirgli di proporre anche una nuova Riforma, perché è previsto dalla Costituzione.
La Riforma è stata approvata in maniera illegittima. I parlamentari del Movimento 5 Stelle sostengono che la riforma è illegittima perché il Parlamento che l’ha votata è stato eletto con una legge, il “Porcellum” dichiarata in parte incostituzionale. I Giuristi, però, hanno scritto che “ la sentenza che ha dichiarato incostituzionale la legge elettorale non ha tolto nulla alla legittimità del Parlamento che, secondo la Corte stessa, « puòsempre approvare nuove leggi, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali », compresa quindi la possibilità di modificare la Costituzione ”.
La Riforma è valida se stata approvata con maggioranza assoluta. Molti criticano il fatto che la legge di Riforma sia stata approvata in fretta e da una maggioranza assoluta, senza il coinvolgimento di tutte le forze politiche che siedono in parlamento. La discussione della legge è cominciata l’8 agosto del 2014 e si è conclusa il 12 aprile del 2016, venti mesi in totale ed è stata votata tre volte alla Camera e altre tre al Senato. Alle prime votazioni la maggioranza era piuttosto ampia e comprendeva anche Forza Italia, all’epoca il principale partito di centrodestra. Successivamente Forza Italia ha votato contro, ma senza che il testo avesse subito particolari cambiamenti (Silvio Berlusconi, in particolare, è passato dall’appoggiare la riforma al denunciarne il rischio di “ derive autoritarie ”, in reazione al mancato coinvolgimento del suo partito nella scelta del nuovo presidente della Repubblica).
“ La possibilità di approvare una riforma costituzionale con una maggioranza assoluta è esplicitamente prevista dalla Costituzione; dal 1970 il Parlamento ha approvato la legge che attua la disposizione costituzionale che prevede di sottoporre a referendum confermativo una legge costituzionale che sia stata approvata in questo modo. Entrambe le riforme costituzionali approvate nel corso degli ultimi 25 anni sono state approvate a maggioranza assoluta. La riforma del Titolo V del 2001 fu approvata dal centrosinistra con l’astensione del centrodestra e venne confermata al referendum costituzionale dell’ottobre successivo. Quella del 2006, la cosiddetta “Devolution”, fuapprovata con i voti soltanto del centrodestra e fu respinta al referendum ”.
Sarà davvero più rapido approvare le leggi? Sì, ma non di molto, sostengono i contrari al Referendum. La procedura della doppia approvazione, dicono, resta solo per alcune leggi, come quelle costituzionali. Tutte le altre saranno trasmesse al Senato che avrà dieci giorni di tempo per decidere se esaminarle. A quel punto, se un terzo dei senatori ne faranno richiesta, il Senato potrà, entro 40 giorni, suggerire delle modifiche alla Camera che, a sua volta, potrà respingerle con un semplice voto (se la materia della legge riguarda gli affari delle regioni, la Camera potrà respingere la richiesta di modifiche soltanto con un voto a maggioranza assoluta). Nell’ultima legislatura i disegni di legge approvati con il numero minimo di due letture sono stati 301 su 391 leggi approvate in totale. Di queste la gran parte erano procedimenti “facili” da approvare, cioè conversione di decreti legge e trattati internazionali. I ddl governativi “veri e propri” approvati con due sole letture sono stati 88, mentre 90 hanno richiesto due o più letture.
Non è una riforma scritta in modo chiaro e semplice e, soprattutto, non è stata prodotta per iniziativa libera del parlamento, ma sotto dettatura del governo. I sostenitori del “NO” dicono che il bicameralismo non viene davvero superato, bensì viene reso più confuso creando conflitti di competenza tra Stato e Regioni e tra Camera e nuovo Senato. Nel merito, i giornali fanno osservare che: “ oltre 50, tra Magistrati e Docenti Universitari, ritengono che l’obiettivo, pur largamente condiviso e condivisibile, di un superamento del cosiddetto bicameralismo perfetto e dell’attribuzione alla sola Camera dei deputati del compito di dare o revocare la fiducia al Governo, sia stato perseguito in modo incoerente e sbagliato. Invece di dare vita ad una seconda Camera che sia reale espressione delle istituzioni regionali, dotata dei poteri necessari per realizzare un vero dialogo e confronto fra rappresentanza nazionale e rappresentanze regionali sui temi che le coinvolgono, si è configurato un Senato estremamente indebolito, privo delle funzioni essenziali per realizzare un vero regionalismo cooperativo: esso non avrebbe infatti poteri effettivi nell’approvazione di molte delle leggi più rilevanti per l’assetto regionalistico, né funzioni che ne facciano un valido strumento di concertazione fra Stato e Regioni”.
I costi della politica non vengono dimezzati. Con la riforma si andrà a risparmiare circa il 20%, ma in realtà sono in arrivo nuove indennità al rialzo per i funzionari parlamentari. Inoltre l’ampliamento della partecipazione diretta dei cittadini comporterà l’obbligo del raggiungimento di 150mila firme (attualmente ne servono 50mila) per i disegni di legge di iniziativa popolare. I contrari alla Revisione costituzionale dicono che questa Riforma riduce gli spazzi di democrazia! A mio avviso è vero il contrario! La democrazia cresce se cresce la partecipazione dei cittadini ai Referendum!
Non garantisce la sovranità popolare: insieme alla legge “Italicum” che mira a trasformare una minoranza in maggioranza assoluta del governo, espropria il popolo dei suoi poteri e consegna la sovranità nelle mani di pochi.
Il Referendum è “l’anticamera di uno stravolgimento totale dei Principi della Costituzione e di una sorta di autoritarismo”. Il Referendum è una sorta di ricatto del PDCM Renzi perché la riforma non solo non è frutto di un consenso maturato fra le forze politiche, ma anche la “decisione determinante ai fini della permanenza o meno in carica di un Governo”. Secondo Berlusconi (TG1 dell’8/10/2016) NO alla Riforma perché riduce gli spazi di democrazia a favore di un solo partito e di un solo uomo. (Forse dimentica che la sua proposta di Riforma del 2005 prevedeva formalmente il così detto “Premierato assoluto”, bocciato poi dal referendum del 2006). L’assetto costituzionale ne uscirebbe, secondo i costituzionalisti del NO, fortemente indebolito dalla riforma e completamente diverso rispetto a quello che erano gli obiettivi della Riforma del 2001.
Gli aventi diritto al voto sono chiamati a pronunciarsi in favore o contro “Tutto il testo” della riforma per cui si accetta tutto o si respinge tutto. Il M5 e delle opposizioni chiedono di dividere i questi usufruendo dell’apposita legge che lo consente.
LE RAGIONI DEL “SI”: PERCHÉ VOTARE “SI” ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE
Abolisce il Bicameralismo paritario: si supera il meccanismo con cui le leggi vengono passate da Senato a Camera e tutte le lentezze e i ritardi che ne derivano. E’ solo la Camera che concede la fiducia al Governo e questo implica l’instaurazione di un rapporto di fiducia esclusivo con quest’ala del Parlamento. Riduce drasticamente il numero dei Senatori della Repubblica da 315 a 100 (215 in meno). Cancella gli emolumenti (Stipendi) a n.315 Senatori. Quindi lo Stato risparmia quasi € 100.000.000,00 (Lordo 25.000 euro al mese in meno x 315 senatori x 12 mesi = € 94.500.000,00; netti in tasca € 50.000.000,00 circa). La riforma favorisce cioè “ Meno politici e più politica ”: riduce il numero dei politici e per questo è favore di chi fa politica per i cittadini; in pratica dà più soldi ai cittadini e meno ai politici. Abolisce i rimborsi ai capi gruppo parlamentari (Es.: Grillo per la sua struttura percepisce 2.400.00 euro/anno e oltre 3mln il Partito Democratico). Riduce il potere delle regioni in materia di Immigrazione, Protezione civile, Energia, Infrastrutture, Reti di trasporto e Navigazione, Commercio con l’Estero e Cancella i rimborsi ai Consiglieri regionali. Riduce il ricorso ai Decreti Legge perché c’è il voto a “data certa”.
La riforma costituzionale mira a rafforzare il potere del Governo nel processo di approvazione delle leggi. Da questo presupposto nasce l’istituto del voto a data certa: il Governo può, secondo la riforma, chiedere che un disegno di legge, ritenuto essenziale per l’attuazione del programma di governo, venga inserito con priorità nell’ordine del giorno della Camera e sottoposto a pronuncia definitiva della stessa entro settanta giorni dalla deliberazione. Termine prorogabile per un massimo di quindici giorni. Cioè il Governo, su alcuni provvedimenti, può richiedere il termine di 70 giorni entro il quale dire SI o NO.
Giuristi e docenti universitari ammettono che: “ Sarebbe ingiusto disconoscere che nel progetto vi siano anche previsioni normative che meritano di essere guardate con favore: tali la restrizione del potere del Governo di adottare decreti legge, e la contestuale previsione di tempi certi per il voto della Camera sui progetti del Governo che ne caratterizzano l’indirizzo politico; la previsione della possibilità di sottoporre in via preventiva alla Corte costituzionale le leggi elettorali, così che non si rischi di andare a votare (come è successo nel 2008 e nel 2013) sulla base di una legge incostituzionale; la promessa di una nuova legge costituzionale che preveda referendum propositivi e di indirizzo e altre forme di consultazione popolare ”.
Anche l’uso dello strumento governativo del decreto-legge viene rivisto dalla legge di riforma costituzionale nel senso che il decreto legge: “ non può provvedere in materia costituzionale, di delegazione, di ratifica dei trattati internazionali e di approvazione del bilancio; non deve riguardare materia elettorale, tranne il caso in cui disciplini il procedimento elettorale e lo svolgimento delle elezioni; non può riproporre disposizioni di precedenti decreti-legge che non sono stati convertiti in legge, né regolare i rapporti giuridici che siano nati sulla base degli stessi; non può rendere nuovamente valide le disposizioni che la Corte Costituzionale abbia dichiarato illegittime; deve recare misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo; in sede di conversione di decreti-legge in legge, non possono essere approvate delle disposizioni che sono estranee all’oggetto o alle finalità del decreto stesso”.
Dice il falso chi afferma che la Riforma riduce gli spazi di democrazia a tutto vantaggio di un solo partito e di una sola persona, perché non aiuta nessun partito in particolare, anzi premia indifferentemente, la destra come la sinistra o gli stessi di M5S, costringendoli però a governare nella trasparenza e sotto il vigile controllo della informazione, e con il rischio di trovarsi, al prossimo turno elettorale, relegati all’opposizione. Basta con gli inciuci con cui anche piccole minoranze hanno condizionato e segnato il destino del paese come la recente storia ci insegna con le cadute di governi a guida Berlusconi e Prodi. Anche per questo il destino di Renzi non ha poi tutta questa importanza che Media, giornalisti e politici gli vogliono attribuire, e il prospettarlo come tema del referendum è fuorviante e falso.
Il vero tema è e resta il cambiamento e il futuro del nostro paese, dopo più di 30 anni di tentativi di modifiche, di procedure e di assetti istituzionali. Credo invece che questo referendum NON riduce la democrazia diretta ma le “poltrone” dei parlamentari, introduce i Referendum propositivi, cosa che oggi non è consentito e modifica il quorum del Referendum abrogativo. Quanto al fatto che la Riforma avvantaggi una sola persona, aggiungo, in tutta onestà, che è falso perché il Presidente del Consiglio dei Ministri rimane con gli stessi poteri. Non c’è infatti nessun articolo della Riforma che accresce i poteri al PDCM. Certo, chi vince le elezioni si conosce la persona che dovrà governare e che avrà il diritto di governare.
Questa idea non è nuova per Berlusconi che ha, invece, sempre voluto e caldeggiato questa situazione politica dopo le elezioni; l’idea del “ Premierato “ anche in Italia e del Presidenzialismo è sua e del suo partito “Forza Italia”. Terminato il mandato i cittadini saranno di nuovo chiamati ad esprimere un voto di consenso o di dissenso. Per i sostenitori del SI’ la Riforma Boschi è un “Salto di qualità” per il sistema politico italiano, al quale si dà respiro dopo decenni di procedure legislative lente, macchinose e costose. La Costituzione non è una carta immutabile: Alcuni giornali dicono che nei 70 anni dalla firma del testo costituzionale si sono susseguiti tantissimi governi (63/70), segno di fragilità di un Paese che ora deve dimostrare di essere credibile e forte anche a livello internazionale. Abolisce il CNEL e le Province e la loro eliminazione porterà notevoli risparmi alle casse ormai esauste dello Stato. Il Senato farà da camera di compensazione tra “governo centrale e poteri locali”, quindi diminuiscono i casi di contenzioso tra Stato e Regioni davanti alla Corte Costituzionale.
Riporto un articolo del giornalista RAI Nicola Guarino, che risponde all’appello fatto da giuristi e docenti universitari sostenitori del “NO” alla Riforma.
“ I 56 giuristi firmatari per il “NO”, fanno rilievi a volte condivisibili, altre volte un po’ meno e per la verità io non mi farei sedurre dal numero e dalla qualità, certa, dei firmatari di questo appello. Perché per il “SI” vi è stato un appello che ha raccolto il triplo delle firme di studiosi e giuristi. Tuttavia, venendo al merito va rimarcato l’equilibrio della loro posizione (non sempre riscontrabile in quelli del No) e la consapevolezza che non vi sarebbe alcun stravolgimento degli assetti costituzionali che erano e sono fondati sul bilanciamento dei poteri che resta inalterato. Faccio notare che, come sanno bene gli illustri giuristi, sin dalla nascita della Costituzione vi fu un acceso dibattito contro il bicameralismo perfetto e tuttavia questo prevalse, anche in ragione del fresco ricordo della tragedia fascista e per dare rapidamente una Costituzione repubblicana al Paese (fu necessario un anno per fare la Costituzione e queste modifiche sono attese, perlomeno da 32 anni).
Gli stessi firmatari esprimono la necessità oggi del superamento di quel bicameralismo che ha reso la nostra politica spesso paludosa e gravemente tardiva nel licenziare leggi spesso urgenti e necessarie. Io credo che questa riforma, come sostiene anche Paolo Mieli, sia propedeutica all’abolizione definitiva del Senato, cosa che personalmente auspico. Certo oggi con il “SI” il bicameralismo perfetto finisce, con il No rimane la paludosa condizione di cui sopra. E questo è un fatto. Si potrà dire che la riforma era perfettibile. Certo. Ma come sanno gli studiosi di politica, le riforme di questa portata sono sempre soggette a compromessi, come è giusto che sia in democrazia, tra le diverse anime del parlamento. Perché il punto è che questa riforma sponsorizzata dall’attuale governo è frutto di un lavoro parlamentare che ha previsto ben 6 passaggi. Quindi, contrariamente a quanto alcuni scaltri opinionisti affermano (vedasi Travaglio) questa riforma è parlamentare e non del governo. Va aggiunto che diversamente dalla riforma proposta ai tempi di Berlusconi, che era nel solco del federalismo, questa ridà primato alla Nazione o, se si preferisce, allo Stato, probabilmente anche perché le Regioni non hanno offerto sempre esempi lindi e luminosi.
L’approvazione delle città metropolitane e l’abolizione delle provincie, con la prossima riforma delle regioni che dovrebbe ridurle ad 11, combinato con la riduzione da 330 a 100 dei senatori e la fine dei senatori a vita, costituiscono un indubbio taglio della politica e una semplificazione che tuttavia conserva e ottimizza l’efficienza del nuovo Senato che come ricordano anche i summenzionati giuristi, saranno eletti, con legge ordinaria dal popolo, contrariamente alla vulgata mossa per generare confusione, dai meno corretti fra i sostenitori del NO. Va anche rimarcato che gli stessi giuristi non negano che la riforma dia maggiori spazi di democrazia, che la riduzione della possibilità del governo di usare i decreti legge, di cui dalla seconda repubblica si è fatto un uso ingiustificato ed esorbitante, e che l’istituzione dei referendum propositivi siano strumento principe della democrazia diretta. Tutto questo fa piazza pulita di chi parla di tentazioni autoritarie ed altro, specie ricordando che comunque il parlamento e il governo sono, nel loro legiferare ed eseguire, sottoposti all’equo controllo della presidenza della Repubblica e della Corte Costituzionale le cui prerogative non sono nemmeno sfiorate da questa riforma.
Va infine ricordato che lo stesso Italicum prima di diventare effettivo verrà sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale, avendo il governo richiesto prima della sua effettiva operatività, una valutazione preventiva della Corte. Una cosa che costituisce una novità nel modus operandi della politica italiana ed una garanzia per tutti, sulla eventuale costituzionalità della legge. Ripeto, certo che la riforma potrebbe essere migliore ma è indubbio, che al di là di qualche sua criticità, la sua approvazione popolare semplificherebbe la politica, renderebbe il governo e il parlamento più efficienti, sanerebbe quella palude che è oggi la politica nostrana, una palude che ha allontanato i cittadini dal partecipare, che ne ha frustrato speranze e fiducia. Francamente non mi sembra poco ”.
Prof. Tonino Di Noia